A Veroli soltanto i conflitti mondiali riuscirono a sospendere la tradizionale infiorata del Corpus Domini. Una tradizione che la perla eenica, con alterne vicende, ha rispettato e mantenuto in un crescendo di livello artistico e partecipativo che proprio oggi ha mostrato tutto il suo valore in termini di fede e di sentimento. Il Covid non ha infatti fermato la tradizione: nella cattedrale di Sant’Andrea Apostolo, davanti l’altare, un tappeto di petali di fiori ha disegnato, in forma ridimensionata, il percorso per il passaggio dell’ostensorio contenente l’Ostia consacrata. Segno evidente che nella comunità di Veroli l’emergenza Covid non ha intaccato fede e tradizione. Sono stati il parroco Don Andrea Viselli, insieme ai suoi collaboratori a voler tenere viva e inalterata una tradizione che Veroli onora da secoli. Quei tappeti di fiori hanno coperto ogni anno vicoli e piazze, hanno unito comunità e parrocchie come un nastro sciolto da borgo a borgo, da chiesa a chiesa, da uomini di arte e di fede fino ad arrivare al concetto più alto di miracolo e di Dio. In un periodo di distanze imposte, di privazioni, di ristrettezze, la piccola e suggestiva infiorata realizzata ai piedi dell’altare della cattedrale, ha in sè tutti i colori del Creato, tutto l’ardore di un popolo che succede con orgoglio alla storia dei Padri. Un messaggio di vita che mai come in questo momento ha bisogno di essere ascoltato. La storia narra che la prima infiorata venne realizzata nel 1625 in Vaticano da Benedetto Drei, in occasione della festa dei santi Pietro e Paolo, ma la sua diffusione in molti paesi del Lazio si deve però qualche anno dopo a Gian Lorenzo Bernini. Sembra che già nella seconda metà del settecento, come attestano gli archivi parrocchiali, anche a Veroli prese piede la consuetudina di fare l’infiorata per il Corpus Domini, la solennità più importante dell’anno liturgico della Chiesa Cattolica, essendo la rievocazione della liturgia dell’Ultima Cena di Gesù Cristo con gli apostoli. Una frestività istituita dalla chiesa l’8 settembre 1264 a seguito del miracolo di Bolsena quando un sacerdote boemo, assalito dai dubbi circa la transustanziazione, vide l’ostia trasformarsi in carne sanguinante e la avvolse in un “corporale” di lino. Ecco perchè ancora oggi, durante la processione del Corpus Domini, il sacerdote avvolge l’ostensorio con il “corporale” che altro non è che un panno di lino in rievocazione del miracolo del 1263. Oggi, una piccola ‘stuoia’ artistica ha tenuto in vita il miracolo della fede verolana ed il suo straordinario essere comunitá anche nella precarietà del momento. Da quei petali si è alzato un vento caldo più forte di una preghiera.
Monia Lauroni