Gli ernici le avevano tirate su masso dopo masso per difendere la città antica. Forti, imponenti, monumentali. Ma per ironia della sorte nessuno difende loro dal degrado e dall’incuria. La civica erecta, a due passi dal perimetro del centro storico, non ci fa proprio una gran bella figura. E per capire meglio la dimensione dello scandalo basta infilarsi nei panni di quegli avventori che, dopo aver ammirato musei, chiese e Fasti, decidono di andare alla scoperta della storia della città. Quasi ad annullare lo sforzo di chi in passato riportò alla luce le antiche mura, la natura ha preso il sopravvento e del suggestivo camminamento arriva all’occhio solo un’ammasso di sterpaglia. È difficile potersi districare tra l’ingente mole di erbacce e pericolosi tombini a cielo aperto. Oscurati dall’erba alta, i rovi stanno aggredendo le preziose pietre; deturpate le basi delle torrette dalla malerba, scomparse alla vista le posterule. L’antica e gloriosa Verulae, faticosamente risorta dopo la distruzione inferta dall’esercito repubblicano perchè sostenitrice di Tarquinio il Superbo, è diventata una anonima collinetta d’erba. Tra le numerose e bizzarre leggende che provano a spiegare la costruzione di quelle mura megalitiche, una addirittura racconta che le mura poligonali furono costruire dai Diavoli e che celerebbero favolosi tesori, visibili solo da coloro che posseggono il “Libro del Comando”. Veroli, grazie a chi ci ha creduto e si adopera quotidianamente per alimentarne il turismo, ha oggi un nome di grido assoluto e non ci si può permettere di azzoppare e “svalutare” una delle sue “stampelle più forti”, che proprio nelle mura ha uno dei suoi bastioni più attrattivi. Basterebbe ritrovare un po’ di sano vanto per quello che siamo stati e per ciò che siamo. Laddove dominano interesse ed orgoglio, l’erba non cresce in fretta.
Monia Lauroni