Il coraggio di Veroli nel mettere in campo, oggi, un programma estivo dove la filosofia è tema centrale e cardine assoluto, ha quasi i toni dell’incoscienza. Scelta senza dubbio audace, di duplice valore culturale ed umano, politico e di promozione turistica di nicchia. Eppure il Festival della Filosofia di Veroli, tra scetticismi iniziali, grandi nomi, temi importanti e baldanzose ‘carambole’ di opinioni tra i cittadini, già al suo avvio pare avere tutte le carte in regole per dimostrarsi una realtà forte e capace. Realtà facente leva sulla morsa del Covid 19 in cui siamo stati tutti chiamati a rimanere umani e sulle bellezze della cittadina ernica. Sette appuntamenti che dal 16 al 30 luglio, troveranno nel Chiostro di Sant’Agostino e in Piazza Santa Maria Salome, le roccaforti intellettuali per i problemi della società moderna. ‘Problema’ inteso in senso filosofico, cioè come ‘porre in questione’. Quali questioni? ‘I luoghi dell’altro, periferie, solitudini, marginalità’. La persona al centro, per indagare, ricercare l’origine del miglior modo di convivenza civile in una comunità appunto politica. I paradigmi normativi sono tanti, e vanno dalla Repubblica di Platone alla Teoria della giustizia di Rawls. Teorie che si occupano di ricercare un ordine politico ‘giusto’ riflettendo sull’idea di giustizia, ricerca che risale peraltro dall’origine stessa della filosofia nella Grecia antica, scomodando anche il pionierismo dei presocratici. Quale sia il modo giusto per organizzare la nostra convivenza, interazioni sociali che, tra gli uomini, si configurano come relazioni atte a dar luogo a uno o più equilibri per la pace sociale, confrontandosi con l’etica, la filosofia del diritto e la sociologia, per unire sia gli aspetti legati da un lato a Machiavelli, e dall’altro a Platone. Il festival, nonostante i temi ed i nomi importanti, apre la riflessione a tutti, diventa così un contrasto al ‘non pensiero’, stavolta però senza accezione parmenidea. Una dottrina alta che si spoglia della sua veste regale per divenire arma al servizio del popolo. Passeggiare tra i sentieri difficili del pensiero umano guidati da illustri esponenti del calibro di Umberto Galimberti con “Il disagio giovanile nell’età del Nichilismo”, Antonio Cecere, dell’università Tor Vergata. Con “Lessico resistente” l’autore dialogherà con Paolo Ercolani e Davide Fischanger. Modererà Andrea Todini. Sarà poi la volta della “Crisi della Politica”. Sarà Claudio Martelli a parlarne, dialogando sul tema con Mauro Buschini. Ed ancora “Lavia dice Leopardi”, con Gabriele Lavia. Giovanni Magrì e Bruno Montanari, docenti dell’università di Catania, affronteranno il tema di “Poplo-Nazione ed esclusi”. Serata finale con Paolo Quintili ed Emma Bonino. Il primo, docente di Tor Vergata, parlerà delle “Apocalissi culturali e le logiche di senso delle altre culture. Attorno a De Martino e al Covid-19”. La seconda, intervistata da Laura Collinoli, concluderà il Festival col tema dell’ “Immigrazione, problematiche ed opportunità”. Tutto questo sotto la direzione artistica di Fabrizio Vona e l’organizzazione della delegata alla cultura ernica Francesca Cerquozzi, fiera ideatrice dell’evento programmato secondo il protocollo di sicurezza anti Covid “VeroliSicuramente”. Un bagno nelle acque del fiume fatto assurgere ad icona da Eraclito, impercettibilmente agitate dal vento fresco delle serate verolane. Un fiume dove è possibile bagnarsi due volte, anzi sette. E’ un problema di prestigio, il prestigio che sottintende le grandi capitali della cultura. Filippo di Macedonia ebbe a dire che Pella aveva l’obbligo di incarnare il ruolo di capitale nella misura in cui di quel ruolo si era appropriata con le armi. Veroli, la Veroli di cui Simone Cretaro sta ricalcando a carboncino i tratti, ha lo stesso obbligo e con un’arma più puntuta: il sapere.
Monia Lauroni