Nessuna festa, nessuna processione per la Madonna dell’Olivella, una tra le più suggestive e affascinanti della terra ernica. Ma mentre tutto si confonde, si sospende, si cancella, a Veroli la tradizione, la fede e la speranza resistono. Non cedono, non tremano. Una comunità che non si abbandona alla rassegnazione, muta ma non si perde. Le tradizioni che hanno accompagnato per secoli questo popolo forte e fiero, hanno acceso di speranza un tiepido sabato sera di aprile, il sabato che succede alla Pasqua e che a Veroli si identifica con la processione della Madonna dell’Olivella. Un tragitto in salita e in discesa illuminato da falò che la gente del posto accende al passaggio di quell’immagine sacra, anticipato dal suono ritmato e sottile del campanello e seguito dal fragore della banda. Un quadro vivente tipico della Veroli più autentica. E’ stato così per cento, cento anni e cento ancora. Il Covid ha piegato questa usanza per il secondo anno consecutivo, sebbene le cerimonie religiose si sono svolte nella cattedrale di Sant’Andrea Apostolo dove la piccola e delicate effige della Madonna dell’Olivella è stata traslata per permettere ai fedeli di venerarla, chi per chiedere, chi per ringraziare. Il santuario, la sua casa, è troppo piccolo per contenere in sicurezza tanta grazia votiva. Nelle valli sottostanti e negli spiazzi dei vicoli, accanto al santuario, nell’ora in cui la Madonna avrebbe varcato la soglia, chi ha potuto nel rispetto della tradizione ha acceso il suo fuoco, in solitaria all’apparenza, piccolo alla vista, ma che ha rappresentato per la popolazione intera, un incendio di anime. Per Lei, per quell’effige talmente piccola, custodita in quella chiesetta scavata nella roccia, che sembra sia il paese a vivergli intorno. Veroli l’ha pregata col fuoco, l’ha ‘preparata’ con cura materna al grande giorno in un concetto di tenerezza che va oltre l’incandescenza della devozione, l’ha cantata con le fiamme che hanno vegliato il tempo e liberato da ogni affanno. Anche dalla paura. Un contorno di luce che ha spezzato il buio ed il silenzio imbalsamato di questi giorni di confino. Dentro quei fragori, che hanno lentigginato la vallata, tutto il calore che prepara a nuova vita, la pace che segue il frutto maturo, l’affermazione dell’etermità; la dolcezza arcaica di certe malinconiche paure, la speranza disperata in fondo a ogni cosa. Un quadro surreale e intimo che ha nutrito l’anima e consolato il lamento. Questa è la forza di Veroli, che esplode con pudore ardente dietro il coraggio osservante e impetuoso della sua gente che impedisce loro di diventare niente e si riflette nel cerchio mistico e ardente delle sue Regine di primavera.
Monia Lauroni
Nel dipinto di Paolo Gaetani c’è una rappresentazione della processione