di Massimo Papitto
Ore 18 i tifosi sono fuori con i tamburi e cantano. Cantano sotto la pioggia battente che è tutta la giornata che tenta di rovinare la festa ma che però non ci sta riuscendo minimamente. Da lontano dopo un’ora abbondante si scorge il pullman della squadra, tra fumogeni giallazzurri e un’atmosfera argentina, sembrava di essere per l’appunto a Buenos Aires ma eravamo invece al Benito Stirpe di Frosinone. Il pullman tra ali di folla in incitamento prima dell’ultima battaglia decisiva faceva fatica anche a fare un metro tanto era l’amore riversato in strada come un fiume in piena.
La pioggia era sempre più copiosa ma non fregava a nessuno, era bello essere lì zuppi ma partecipi di una cosa che si stava compiendo come il destino aveva preparato. Il pari del Cittadella a Bari quando ancora non erano scoccate le ore 17 era stata l’ultima avvisaglia. Tutti allo Stirpe. File di gente anche nel botteghino fuori lo stadio in cerca del prezioso tagliando che poi tra qualche anno sarà presente nelle bacheche casalinghe dei tifosi. Il classico cimelio da conservare fino a quando, da persona anziana, non sarà raccontato ai nipoti. Il famoso “io c’ero”.
La partita dopo quel bagno d’amore è stata come un film in cerca soltanto del lieto fine. Gennaro Borrelli, l’uomo dei gol decisivi, ci ha messo la testa, è salito in cielo in sospensione mentre tutto lo stadio e la tribuna si alzavano in simbiosi con lui. Nessuno è più sceso da quel momento. Tutti sono rimasti in alto. Il gol del 2-0 di Insigne ha sancito un primo tempo da “Frosinone schiacciasassi” come ad inizio stagione. Un treno veloce pieno zeppo di voglia di non fermarsi. Hernani ci ha provato a spaventare. Ha voluto recitare la parte del classico imbucato ad una festa senza invito e che vuole anche decidere la musica e il mangiare. Ci ha provato ad inizio ripresa ma è stato subito zittito dal contropiede del re della velocità: Beppe Caso. 3-1 sotto le gambe del portiere avversario. Delirio. Tutti in piedi in attesa dell’invasione. Niente è stato più controllabile da quel momento in poi. Il fischio finale, la corsa in campo, le interviste in campo e negli spogliatoi. Gli abbracci finalmente liberi e i freni inibitori che se ne andavano a farsi benedire. Festa. Qualcosa di bellissimo e di collettivo. Gli occhi lucidi del mister Fabio Grosso, i selfie tutti insieme come una famiglia. Le magliette celebrative. La corsa di nuovo sul campo per le foto ricordo con i tifosi ancora sotto la curva dopo un’ora dal fischio finale. Nessuno voleva andare via da una serata così e la pioggia continuava a scendere ma quasi non bagnava. Scivolava addosso. Si urlava “Serie A, Serie A, ce ne andiamo, ce ne andiamo, ce ne andiamo in Serie A”. La storia era stata scritta ed era più forte di tutto. Mai ritorno a casa è stato così dolce.