Questa è una Nazionale diversa. Diversa da tutte quelle che hanno partecipato ad Europei e Mondiali nella nostra storia. Non si affida al catenaccio, vince goleando, convincendo, gioca a calcio e rischia anche qualche contropiede avversario e le famose ripartenze dal basso.
E’ figlia del gioco moderno e non del gioco che è sempre stato ribattezzato “all’italiana”. Non ha paura di giocarsela e non si rintana dietro, se serve lo fa sia chiaro, ma non è quella l’idea iniziale. Il Ct Mancini ha cambiato la mentalità in questi tre anni. Il fallimento del mondiale ci è servito, ci ha spinto a migliorarci, ci ha messo spalle al muro: “o cambiate o resterete sempre quelli del contropiede”. Non abbiamo avuto scelta, a volte il non avere il dubbio aiuta.
Il Mancio ha preso in mano una squadra morta e sepolta e l’ha trasformata nella più viva rappresentazione che gli ultimi anni di calcio italiano ricordano. E’ un piacere vedere giocare questa Nazionale, appassiona, spinge, entusiasma, fa pensare al bello, mette di buon umore, ha spazzato via la diffidenza del “non abbracciamoci”, ti fa guardare il cielo estivo con occhi sognanti, quelli che ci mancavano da tempo causa pandemia.
Tutto ci sembra più bello, sono tornate di nuovo le notti magiche a Roma e in tutta Italia e trent’anni sembra che non siano mai volati via. Gli occhi spiritati di Totò Schillaci hanno lasciato spazio all’esuberanza e alla risata beffarda di Manuel Locatelli prima che spingesse in porta il gol dell’1-0.
In quella giocata che ha aperto le marcature contro gli svizzeri c’è tutta l’Italia di Roberto Mancini. Il controllo del gioco, il rischio della giocata e la tecnica e la ferocia nell’andare a finalizzare l’azione magistralmente costruita.
La partita contro la Svizzera è stata un inno al gioco. Un inno alla rinascita. Un inno italiano che speriamo di ascoltare ancora per tante altre partite in questo campionato europeo.
“Eri bellissima lasciatelo dire” cantava un Luciano Ligabue d’annata. Ieri sera all’Olimpico sembra di sentire un suo concerto live col sottofondo delle maglie azzurre.
Articolo a cura di Massimo Papitto