HOMEPAGE CRONACA L’Arma in più di Vincenzo contro covid: gli angeli di Villa Gioia

L’Arma in più di Vincenzo contro covid: gli angeli di Villa Gioia

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 Tra tanto sguaiato, sciagurato ciarpame mediatico, capita di perdere di vista che la buona Sanità esiste. E che il Covid esiste. E ti porta via certezze, affetti, pensieri. Non importa quello che sei o che sei stato, non importa quante battaglie e quanto orrore hanno visto i tuoi occhi. Ce n’è dell’altro che non è fatto di macerie, non ci sono corpi da estrarre, violenti da contenere, non ti dà la possibilità di misurarti con la forza delle tue braccia perchè quello che eri non sei più. E poi ci sono loro, gli Angeli. Quelli che non hanno ali ma sanno tenerti in volo su un oceano di navi affondate. Quella che vi riportiamo è la storia di Vincenzo, brigadiere dei Carabinieri. Uomo forte, abituato a vedere intorno dolore, sofferenza, ma anche eroi del quotidiano. Vincenzo ha scoperto di essere positivo al Covid dopo che suo figlio era stato contagiato. Dopo i primi giorni dal contagio trascorsi presso la sua abitazione, l’aggravarsi della patologia ha consequenzialmente comportato la necessità di ricovero presso la struttura sanitaria Villa Gioia a Sora. L’impatto psicologico immediato causato dalla necessità del ricovero, in un momento in cui questo maledetto virus ha distrutto la vita di milioni persone, è stato tremendo anche per timore che il sistema sanitario non fosse in grado di gestire l’emergenza. Vincenzo aveva da poco perso un collega che quella battaglia contro il Covid non l’aveva superata. Da qui e con questo stato d’animo inizia la sua esperienza diretta presso il reparto Covid della struttura sanitaria di Sora. In questo reparto ha avuto modo di conoscere un’equipe straordinaria. Un apparato medico e paramedico costituito per l’emergenza Covid con personale proveniente anche da altri reparti e, dunque, professionisti che lavoravano assieme per la prima volta. Fin da subito si è percepito un senso di sicurezza e fiducia ispirato dal modo in cui tutto il personale era coordinato a prestare la propria assistenza, ciascuno per le proprie competenze, con estrema capacità professionale accompagnata dalla voglia di creare empatia con tutti i pazienti. Intorno altri pazienti, tanti, che continuavano ad arrivare dalle ambulanze in fila al pronto soccorso, emergenze, chiamate. Non esistevano orari, non si riposava, non c’erano pause, eppure loro, gli Angeli, erano lì, instancabili, giovani e professionali, straordinariamente umani dietro quelle doppie mascherine da cui cercavano di far affiorare un sorriso. Perché lì a colpire, più dell’assenza, più del dolore, è il silenzio. E quando non c’è vento, tace anche l’aria. Davanti a un tale scenario, di grande impatto psicologico nonché fisico, la paura e l’angoscia nei pazienti ha cominciato ad allentarsi, lasciando il posto alla fiducia di essere in mani esperte e capaci ad affrontare una patologia nuova ed insidiosa. Loro erano lì, sempre. E’ doveroso un grazie alla grande professionalità dimostrata da tutto il personale coinvolto, altamente qualificato, che tra le infinite difficoltà, continua a credere con fermezza nella propria difficile missione, dando anche sostegno psicologico e morale a chi, in un attimo, vede la propria vita sfuggirgli di mano. Grazie a tutto il personale medico e paramedico costituito da persone semplici, ma in questa occasione straordinariamente eroiche; impaurite come tutti, che continuano a guardare in faccia l’intruso, questo virus che ha proprio l’aria di essere una sfida senza un volto. Che costringe a non toccarsi, a stare lontani gli uni dagli altri. Invece, loro, nonostante tutto sono anime vicine, unite, con sguardi di incoraggiamento verso ogni paziente che dicono: “Ce la farai, ce la faremo!” Quel ‘tu’ diventa un ‘noi’, e quella solitudine diventa una battaglia comune. “Andrà tutto bene” è la frase che più di ogni altra risuona nel reparto in questo difficile periodo. Un messaggio di speranza che si diffonde dai nostri paladini che con grande coraggio e valore non si tirano indietro, anche in condizioni di precarietà. Vincenzo oggi è ancora ricoverato, con lui anche sua moglie. Ed il ‘grazie’ di Vincenzo diventi anche il ‘grazie’ di tutti. Ai medici, infermieri, OSS, soccorritori, barellieri, insomma tutto l’intero personale. A Voi la più profonda gratitudine e ammirazione. Siete l’esempio più chiaro e splendente della bellezza nell’essere umani: persone normali con vite normali e risorse modeste, disposte a sacrificare sé stesse per amore degli altri, a superare ogni difficoltà e a vivere rimanendo fedeli ai propri valori e principi. Grazie per tutti i sacrifici che state facendo, per la scelta coraggiosa che vivete, per lo sforzo e la fatica che mettete ogni giorno affinché tutto torni alla normalità. Lo diciamo insieme a Vincenzo, ancora ricoverato, perché queste parole possano davvero fare arrivare al cuore di questi Angeli un calore simile ad un bacio, a una carezza, a un abbraccio, a tutto quello di cui il Covid li ha ingiustamente privati. Sentirsi impotente davanti a tutti questi giorni che passano alla deriva è il dolore più grande. Momenti di lunghi silenzi. Periodi di occhi bassi. Ognuno di noi pagherà pegno a questo male e ognuno di noi ha il dovere di proteggersi come può. Per questi Angeli allo stremo, per chi ci sta intorno e perché il Covid ti attacca dentro e fuori e non promette remissioni.

Monia Lauroni