Il canto è a volte la voce di un dolore, altre l’urlo di ringraziamento alla vita. La musica è il suono perfetto dell’anima, la sete di libertà, la preghiera di redenzione. Il canto oltre le sbarre, oltre le divise, oltre i cancelli. Il coro di Veroli “Gaudete in Domino”, che ha animato la liturgia eucaristica, domenica scorsa, nel carcere di Regina Coeli, ha rappresentato un ponte di comunione tra il dentro e il fuori. L’umanità che si fa musica, il peccato che si scioglie nel perdono, quello più difficile: perdonare se stessi. La giornata, proposta e voluta dal direttore del coro Luigi Mastracci in accordo con il cappellano del carcere Padre Vittorio Trani, ha vinto ogni genere di scetticismo iniziale. Portare armonia proprio lì, in prigione, dove il rumore è costante e manda in tilt il cervello soprattutto se obbligato alla nullafacenza. Lì dove ogni giorno per infiniti giorni si sperimentiamo il dolore e la perdita e non si allungano mani in gesto di pace. Il Coro Gaudete in Domino c’era, era tra quella gente. Un unico cuore, un cuore grande capace di comprendere anche l’animo di un detenuto. E’ stato lo stesso cappellano Padre Trani a presiedere la funzione religiosa nella rotonda del carcere, dove ogni domenica alle 9 si allestisce l’altare per celebrare la messa. Il carcere di Regina Coeli infatti, a differenza di altri penitenziari, non ha una vera e propria cappella perché l’edificio è stato convertito all’uso attuale nel 1881, un periodo in cui la presenza della massoneria cercava di emarginare la religione cattolica. Al termine della funzione i coristi hanno offerto ai detenuti un momento di svagatezza con ulteriori esibizioni che hanno idealmente fatto riassaporare gli ospiti del carcere quel mondo in cui disperatamente sperano di rientrare. Tutto questo mentre la società continua a considerare la realtà del carcere come un aspetto scomodo, da rifiutare. Sarebbe bello che l’opinione pubblica avesse per questa realtà lo stesso sguardo che ha avuto il coro verolano. Le carceri sono ovunque. Ci passiamo davanti e non ci fermiamo a pensare a quei muri, a quella gente e al filo spinato all’orizzonte. Al Maestro Luigi Mastracci ed al suo coro un doveroso “grazie”. Per l’esempio, per aver rotto le sbarre dell’indifferenza con la forza del cuore e della musica.
Monia Lauroni