Un filo lungo che unisce gli Ernici, i Tutsi e gli Utu, un filo d’amore. In Rwanda domina una incessante primavera. La differenza tra estate e inverno è relativamente ridotta e l’anno si divide semplicemente fra stagione secca e umida. In Rwanda dominano la guerra civile e l’eco della più atroce pulizia etica degli ultimi 30 anni. Una guerra che non conosce stagioni, pioggia e sole, non fa differenza fra adulti e bambini e i bambini si dividono semplicemente tra orfani e sopravvissuti. Il Rwanda è una terra lontana, lontana dagli orizzonti del nostro sguardo, oltre i confini dei nostri problemi. Ma non per i ragazzi dell’associazione Culturale Rifard, della Pallacanestro Veroli 2016 e del Rifard Team Veroli, che da qualche anno hanno avviato nel territorio africano il progetto di sport e cooperazione “BeeProject” per donare la costruzione di un campo da Pallacanestro outdoor presso una scuola di Kora. E proprio in questi giorni di forte allarmismo, sfidando proibizioni e fobie epidemiche, sono partiti per quella terra traumatizzata. I giovani sono ospitati presso le parrocchie di Don Epimaque, ex parroco di Veroli tornato per missione nel suo Paese e rimasto nel cuore di molti. Il progetto è curato in loco dalla speciale delegazione ciociara composta dai giovani verolani Marco Igliozzi, Marco Fiorini, Matteo Baldassarra, Lorenzo Magnone ed alcuni atleti del mondo cestistico laziale, insieme a Padre Epimaque ed il preside della scuola Theogene Cyimana. La sua lunga gestazione burocratica è alla fine e già dalle prossime settimane è previsto l’inizio dei lavori. Difficile trovare qualcosa di più puro nell’universo dello sport e delle associazioni giovanili. Sensibilizzare allo sport come sentiero per la pace e balsamo per la solitudine e la povertà. Questi giovani sono la luce dietro la roccia di un’indifferenza generalizzata. Un grande cuore ed una sola missione: relegare la guerra e la povertà ai confini di un campo di pallacanestro. Chiari esempi di una gioventù sempre più grande, più straordinaria e più potente delle ordinarie miserie. Veroli di fronte a loro si inchina e l’Onu, che in quelle terre girò la testa dall’altra parte, dovrebbe imparare.
Monia Lauroni