HOMEPAGE CULTURA Eduardo e Wittgentein. La guerra e il linguaggio

Eduardo e Wittgentein. La guerra e il linguaggio

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Il 24 maggio 1915 l’Italia dichiarò guerra all’Austria e nell’agosto dell’anno seguente alla Germania.

Una guerra logorante, di mantenimento della posizione piuttosto che di attacco, mentre il “fronte interno” rimase a lungo diviso tra interventisti e neutralisti, finchè la notizia dello sfacelo militare di Caporetto, alla fine dell’ottobre 1917 non sconvolse il Paese. Il giovanissimo Curzio Malaparte, intuendo con anticipo di decenni una scoperta storiografica recente, scrisse che l’esercito italiano non era stato sconfitto ma aveva invaso il Veneto. Era un paradosso ma di sicuro quei soldati si erano ribellati piuttosto al pessimo comando militare, alla disunione politica e alle notizie che arrivavano sulla vita sempre più disagiata delle loro famiglie.

Di fronte al disastro però anche gli italiani e gli austriaci che non avevano voluto la guerra e non l’amavano, come Eduardo e Wittgenstein, capirono che non era più questione di irredentismo o imperialismo ma che in gioco erano la vita e i destini di ognuno. Solo nel fango, nel freddo e nel pericolo delle trincee le masse compresero che la patria non era solo lo Stato, ma molto di più: una divinità crudele che chiedeva sacrifici di sangue e che però offriva gloria immediata anche agli ultimi della società.

La commedia di Eduardo “Ditegli sempre di sì” del 1927 è una delle pièces preferite del grande attore e commediografo napoletano. La pazzia di Michele Murri è il divertentissimo tema portante: Murri, rinchiuso per un anno in manicomio, ha vissuto stranezze e deliri formandosi una precisa idea sulla salute mentale che, a suo parere, consiste nella capacità di formulare un discorso coerente e logico. Tornato a casa si scontra con il linguaggio convenzionale degli uomini, ricco di metafore e di mezze verità, che creano una serie di equivoci e di qui pro quo. Murri reclama inutilmente un po’ di precisione affermando:”C’è la parola adatta perchè non la dobbiamo usare? Parliamo con le parole appropriate se no io m’imbroglio”. Infatti le fantasie e visioni di Luigi, attore e poeta, non trovano riscontro nell’immaginario di Murri e gli fanno pertanto credere che il giovane sia pazzo; di ciò cercherà di convincere anche gli altri. Murri si investe del compito del guaritore e, armato di coltello, tenta di risolvere la pazzia di Luigi tagliandogli la testa; fortunatamente un provvidenziale intervento esterno salva il malcapitato. Ecco che le parti si invertono: Michele che ha spinto all’eccesso la razionalità e la logica viene condannato definitivamente al manicomio, mentre i veri pazzi rimangono liberi di vivere e esprimersi in modo assurdo e illogico. L’amara verità di Michele Murri viene evidenziata da Eduardo con umorismo in una commedia che solo apparentemente resta un’allegra farsa.

Il Tractatus logico-philosophicus di Wittgenstein è del 1918 e non sappiamo se Eduardo lo abbia mai letto. Un breve libro, una settantina di pagine, denso di pensieri sull’essenza del linguaggio, sulla natura del mondo, della logica, della matematica, della scienza e della filosofia, che si chiude con riflessioni sull’etica, la religione e il misticismo. Scritto con precisione logica, a Michele Murri farebbe immenso piacere poterlo leggere. Va letto infatti come un’iniziazione che segna il limite all’espressione dei pensieri esprimendo ciò che si può dire con la massima chiarezza possibile. Il primo enunciato dice:”Il mondo è tutto ciò che accade”, sembra la frase di uno storico, e l’ultimo:”Su ciò di cui non si può parlare si deve tacere”.

Wittgenstein e Eduardo avevano assistito in prima persona ai risultati disumani della prima guerra mondiale che aveva provocato il massacro di milioni di donne e di uomini in condizioni di inimmaginabile orrore. Quale effeto poteva avere una simile esperienza di follia collettiva su persone di acutissima sensibilità e mentalità logica come Eduardo e Wittgenstein? La rigorosa precisione del Tractatus e del linguaggio di Murri-Eduardo, il loro senso quasi mistico dell’ordine delle parole nascevano dall’immenso cimitero della guerra, dal caos totale e terrificante.

La logica del linguaggio è l’unico argomento che interessa davvero al Wittgenstein del Tractatus e all’Eduardo della commedia “Ditegli sempre di sì”.

Entrambi scoprono che la maggior parte delle proposizioni proferite dagli uomini sono non-sensi, adattati e raffazzonati per celare la paura di dire la verità.

Patrizio Minnucci