Oggi sono passati in Concorso e nella sezione Orizzonti tre pellicole con al centro delle storie di donne. Il primo “The nightingale ( l’usignolo)” che racconta la storia di Clare, irlandese deportata in Tasmania nel 1825. Qui trova un uomo ed ha una figlia. Purtroppo deve compiacere le voglie del comandante inglese dell’avamposto militare. Le cose prendono una brutta piega ed i soldati le uccidono la famiglia. Lei allora, con l’aiuto di una guida indigena Billy, comincia ad inseguire i soldati per portare a compimento la sua vendetta. La regista Jennifer Kent , unica donna in corsa per il Leone d’oro, purtroppo perde l’occasione di illustrare la situazione del tempo, finendo per far sembrare scontato l’avvicinamento tra la donna e la sua guida, entrambi vittime della violenza colonizzatrice imperiale, le stesse scene in cui l’indigeno Billy pratica dei riti magici che dovrebbero essere sottolineature fondamentali nell’evoluzione della trama, la appesantiscono. Alla fine della proiezione stampa si è registrato un brutto episodio: un accreditato ha insultato ad alta voce la regista, definendola: p…. . La Biennale giustamente ha provveduto ad individuarlo ed allontanarlo ritirandogli l’accredito. Altro film con una donna nel ruolo principale è stato “Soni”, dal nome della protagonista che è un agente della polizia di Nuova Dehli del reparto che indaga sugli episodi di violenza contro le donne. Soni sia nel lavoro che nella vita privata ha come costante l’affermazione della propria indipendenza. Deve sopportare più di una volta le conseguenze dei suoi modi energici di reagire ai maschi ma è supportata dal suo superiore, un’altra donna. Questa ha un diverso approccio alla vita, più conciliante. Ma essere donne in India è molto difficile e in ultimo la stessa commissario dovrà adeguarsi al comportamento di Soni. Pellicola molto interessante che probabilmente non sarà trascurata nei giudizi finali dalla giuria della sezione Orizzonti. In ultimo parliamo di “Capri – Revolution” di Mario Martone che ha posto una seria candidatura su un premio importante. Nonostante la trama a volte scivoli nell’eccessivo didascalismo come quando vengono illustrate le tesi fra il naturalismo, sostenute dal Maestro della comunità, e il metodo scientifico, di cui è paladino il dottore progressista dell’isola, Martone con mano sicura dirige questo film che parla della Capri al tempo della prima guerra mondiale. Qui è nata una comune, composta quasi tutta di stranieri, che si sono ritagliati un loro spazio, autonomo dal resto degli abitanti dell’isola, e lì praticano il naturismo, e cercano di riscoprire un rapporto con la natura basato sul rispetto reciproco. Quindi sono vegetariani, pacifisti, disdegnano i rapporti monogamici. Essenziale è l’utilizzo del movimento coreografico, realizzato come momento di espressione libera nella ricerca della sintonia con la natura. Tutte queste parti sono rese benissimo nel film. Lucia, ragazza isolana scopre la comune per caso mentre fa pascolare le capre e a poco a poco ne rimane affascinata e si lascia conquistare. Alla morte del padre per una malattia ai polmoni causata dal lavoro in fabbrica, altro elemento contro l’industrializzazione, lei esclama che né la Madonna, in cui confidavano i suoi familiari, né la scienza, che il dottore aveva praticata, avevano salvato il padre. Quindi decide definitivamente di andare a vivere nella comune. Lì impara a leggere, studia, discute in inglese con gli altri componenti del gruppo. Allo scoppio delle prima guerra mondiale il dottore è un socialista interventista e va volontario, i due fratelli di Lucia invece sono chiamati in servizio. La ragazza tenta disperatamente di fermarli, arrivando a proporre loro di scappare in America. Cosa che poi farà da sola dopo essersi rappacificata con la madre che le confessa di essersi accorta dal primo momento di quelle sue idee di liberazione e che la aveva sempre accompagnata con il pensiero in quel suo percorso di presa di coscienza. Terzo capitolo della trilogia composta da “Noi credevamo” e da “Il giovane favoloso” questo Capri-Revolution, ripetiamo ha momenti di intoppo nella trama. Peccato perché il ritorno al racconto al femminile che a Martone mancava dai tempi dell’Amore molesto avrebbe potuto equipararlo. Nei panni della protagonista Marianna Fontana, che era stata un’autentica rivelazione due anni fa a Venezia con la gemella Angela in Indivisibili, e che qui conferma quelle doti.
Alfredo Salomone