E’ tornato al Frosinone un anno fa per riprendersi le vittorie che qui aveva lasciato da allenatore in seconda. E’ tornato a Frosinone per riprendersi anche il ruolo di primo allenatore. Giorgio Gorgone è un ragazzo semplice, quella semplicità pari solo a due grandi doti: la grande scrupolosità e l’abnegazione nel lavoro. E’ il momento dell’intervista a chiusura della cavalcata trionfale della Primavera 2 giallazzurra che meno di una settimana fa battendo il Parma nella finalissima di categoria, veniva promossa alla serie superiore, al calcio giovanile delle ‘grandi’.
Mister Gorgone, per lei è stata la stagione delle ‘scoperte’: il ruolo di primo allenatore che aveva lasciato 10 anni fa alla Triestina ‘Berretti’, l’inedito campionato Primavera 2 e subito la promozione. Sensazioni a meno di una settimana?
“Davvero belle soddisfazioni, è stato un percorso nuovo. Che avevo iniziato 10 anni fa. E’ stata una esperienza positiva, alla fine le vittorie indipendentemente dalle categorie hanno sempre lo stesso sapore. Esperienza bella, positiva, stimolante”.
Andiamo subito al nocciolo: quali le differenze che troverà il Frosinone nella serie superiore?
“Il campionato di Primavera 1 ha una qualità nettamente superiore. Bisognerà ovviamente cercare di fare una squadra competitiva, che possa confrontarsi per mantenere la categoria. C’è differenza di livello”.
C’è stato un momento della stagione nel quale si è detto da solo: primo posto non raggiungibile, puntiamo ai playoff?
“Un momento un particolare no, strada facendo ho visto la crescita esponenziale dei ragazzi a livello tecnico ma anche sotto il profilo caratteriale. E poi quando siamo arrivati alla fine del campionato l’obiettivo era vincere. Ci siamo riusciti e il merito va a tutti i componenti, allo staff dirigenziale, tecnico. Non era facile”.
Cosa la inorgoglisce della stagione oltre questo successo unitamente agli elogi del presidente Stirpe e del direttore Angelozzi?
“Ovviamente mi hanno fanno piacere molto la soddisfazione del direttore Frara, poi naturalmente la soddisfazione di veder gioire i ragazzi alla fine della partita con il Parma e successivamente nel momento in cui ci siamo riuniti a cena per festeggiare. Ho visto un gruppo di ragazzi meravigliosi, che sono cresciuti ed hanno dato l’anima”.
Ritiene che nel gruppo ci siano giocatori pronti per una esperienza tra i professionisti?
“Questa è una domanda che mi sono posto tanti anni, anche nel passato quando ero nelle prime squadre e vedevo i ragazzi delle Primavere. Secondo me ci sono ragazzi interessanti, non riesco a capire se in questo momento sono già pronti per fare il salto. E’ anche vero che i ragazzi pronti sono dei talenti, a volte i ragazzi hanno bisogno di fare esperienza, va data loro l’opportunità di giocare ed anche di sbagliare. Ad oggi potrebbero esserci ragazzi pronti ma debbono avere la possibilità di sbagliare”.
La costruzione dal basso, l’equilibrio, la spinta sulle catene, il moto perpetuo di centrocampisti e punte e la difesa arcigna che fa anche gol: come si fa in 10 mesi a far mandare tutto a memoria?
“C’è stato tanto lavoro, tanta applicazione, un ‘credo’ trasmesso e ricevuto. A volte le cose vengono bene, a volte vengono riesci a trasmettere meno rispetto a quello che vorresti. Ma c’è stato il piacere di vedere che questi ragazzi hanno avuto tanto coraggio che nel calcio fa la differenza perché dove ci sono delle opportunità ci sono sempre dei grandi rischi. E loro in campo hanno trasmesso questo messaggio: proviamo a vincere sempre. E’ stato il piacere di vederli avere coraggio”.
Il miglior allenatore è quello che sa adattarsi al materiale umano che ha a disposizione o quello che fa prevalere il proprio credo calcistico?
“Io credo che il tecnico debba adattarsi a quello che ha, altrimenti antepone le sue idee che qualche volta possono essere anche sbagliate a discapito di giocatori che potrebbero rendere in modo diverso. Bisogna avere un’idea di calcio, io credo nel lavoro, nell’essere positivi, credo che una squadra che cerchi di vincere ha più possibilità di farlo. Poi devi fare i conti con quei giocatori che hai a disposizione e metterli nella possibilità di rendere al meglio”.
Come tutti anche lei mister ha un sogno nel cassetto…
“Non l’ho mai avuto. Ogni tanto mi sono posto questa domanda. A me piace fare questo lavoro da sempre. Sono ambizioso, ho voglia di andare avanti, però alla base metto sempre il campo: fino a quando mi piace fare quello che faccio sicuramente posso avere un obiettivo sempre maggiore. Se dovesse diminuire quel ‘fuoco sacro’ si farebbe tutto più complicato. Quindi, il mio obiettivo è fare bene indipendentemente dalla categoria, se sono ragazzi o grandi. E questo poi è il frutto di un lavoro che bisogna fare”.
Ufficio Stampa Frosinone Calcio