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Alfredo Vinciguerra nella campagna di Russia

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Le spoglie di Alfredo Vinciguerra, soldato alatrense nella campagna di Russia durante la seconda guerra mondiale, solo da pochi anni sono tornate ad Alatri. Non v’è dubbio che quella campagna portò a galla ed esaltò non le qualità ma i difetti dei nostri comandi militari. Non è questa la sede per ricercarne le cause. Dovremmo risalire all’editto di Caracalla che esentava gli italiani dalle armi affidandone la difesa ai barbari, e poi alla vittoria del Comune sul Castello e del Papato sull’Impero, che procurò l’aborto del feudalesimo, e con esso quello di una civiltà cavalleresca e militare. Avevano ragione Machiavelli e Foscolo quando chiamavano gli italiani alle armi dicendo che senza virtù militari non esistono nemmeno virtù civili. Ma il loro grido giungeva troppo tardi.

Il soldato di Alatri Alfredo Vinciguerra nell’autunno del 1941 aveva vent’anni, quando gli stati maggiori tedeschi e italiani lo gettarono assieme a tanti coetanei commilitoni nella gelida fornace russa. Mussolini scrisse a Hitler:”Le truppe alpine…dovrebbero attaccare il Caucaso. Una volta superate le montagne e iniziata l’azione in Oriente, la partecipazione italiana dovrà necessariamente assumere proporzioni di molto maggiore portata, soprattutto perchè la lotta sarà trasportata in un settore destinato a far parte dello spazio vitale italiano”. Il nostro Alfredo non arrivò mai in Russia, morì di stenti come molti per le germaniche vie impervie. Quando tornò ad Alatri, nello scrigno che portava il suo nome c’era il certificato di morte redatto da un medico tedesco. Alfredo era morto nello stesso inverno del 1941 di tubercolosi in un villaggio dell’est Germania (oggi Polonia). La microstoria di questo nostro soldato e dei suoi compagni di sventura ci fa capire meglio la macrostoria dei Grandi che spesso risulta terrificante coacervo di macrofollie.

Patrizio Minnucci