ALATRI – Il Reparto Operativo – Nucleo Investigativo, in collaborazione con il personale della Compagnia di Frosinone, Alatri ed Anagni, ha dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Frosinone, dott.ssa Ida Logoluso, su richiesta della locale Procura, Dott. De Falco – Dott. Coletta – Dott. Misiti, nei confronti di Castagnacci Franco, originario di Alatri (FR) cl. 67, censurato (attualmente già detenuto presso la Casa Circondariale di Velletri per reati di droga). Lo stesso è ritenuto responsabile di concorso in omicidio volontario, poiché implicato nella feroce aggressione che ha cagionato il 26 marzo scorso, in conseguenza delle gravissime lesioni procurate, la morte, in Alatri, di Emanuele Morganti. A suo carico, al pari di quanto già evidenziato nei confronti degli altri tre soggetti sottoposti a fermo nei giorni successivi al grave evento, sono emersi, nel corso di articolata e complessa attività investigativa espletata dai militari del Comando Provinciale Carabinieri di Frosinone e diretta dai Pubblici Ministeri assegnatari dell’inchiesta, gravi indizi di colpevolezza circa il suo attivo coinvolgimento nel violento delitto, concretizzatosi: nella partecipazione all’aggressione di Emanuele subito dopo che era stato portato fuori dal locale; nell’averlo inseguito sino alla parte alta della piazza, dove il giovane aveva tentato di fuggire, braccandolo e continuando a colpirlo; nell’aver, immediatamente dopo, impedito ad un giovane, trattenendolo con forza, di accorrere in soccorso di Emanuele che, nel frattempo, dopo essersi liberato da lui, veniva affrontato ed aggredito dai tre indagati già sottoposti al regime detentivo che ne causavano, infine, la morte.
Il provvedimento cautelare si è reso necessario alla luce della condotta collaborativa tra l’arrestato e gli ulteriori tre indagati per l’intera fase dell’aggressione; per la rilevantissima pericolosità desumibile dal comportamento particolarmente crudele e dall’accanimento della condotta realizzata in danno della giovane vittima nonché per prevenire il concreto rischio di inquinamento di prove consistenti nel pericolo che il prevenuto possa continuare a subornare o minacciare i testi, come emerso durante le indagini, per favorire la propria posizione e quella del figlio.