Il tecnico del Frosinone Eusebio Di Francesco ha concesso un’intervista al “Corriere dello Sport”.
Sul Frosinone
«Serviva un posto giusto per il mio anno zero. Qui ci sono le persone giuste, a cominciare dal direttore Angelozzi che mi conosce dai tempi del Sassuolo. Sono felice, finalmente. Non significa non percepire lo stress dell’obiettivo, per carità. Significa calarsi con naturalezza e spensieratezza nell’ambiente in cui si allena, seguendo valori condivisi».
Sull’inizio di campionato
«Siamo soddisfatti. Ed è bellissimo vedere la tifoseria entusiasta: mille persone ci seguiranno domenica a Bologna. Ma voglio che passi questo messaggio: umiltà e lavoro devono restare i punti fermi del nostro modo di ragionare. Altrimenti sarà impossibile centrare la prima storica salvezza del nostro club in Serie A».
Su Soulé
«Se rimane quello che è, diventerà un campione. È un ragazzo che sorride sempre fuori dal campo ma quando si allena esce incazzato se perde la partitella. Questa è la mentalità. Il rischio di prendere in prestito i giovani delle grandi squadre è trovarsi tra le mani un ragazzo altezzoso. Lui, ma anche Barrenechea e gli altri che sono arrivati, è una persona carinissima».
Su Turati
«Ha ottime prospettive. È cresciuto anche come uomo, dopo la squalifica per la bestemmia. Ha pagato una bella multa, gli è servita».
Sulla Roma
«Facciamo un passo per volta. Intanto è il momento di raccontare che la Roma non mi esonerò per quella partita di Champions. Sono stato io il primo a farmi da parte. Avevo comunicato ai dirigenti che non ero più a mio agio nella Roma, anche a causa del litigio con un calciatore».
Su Mourinho
«Qui parliamo di un’icona, è un allenatore che sta sopra a tutti noi. Fenomenale per personalità e comunicazione. E sa sempre quello che vuole: il risultato. Se poi chiedi il gusto personale, parlo di tecnici diversi e magari emergenti. Tipo De Zerbi, appunto».
Sul calcio scommesse
«È una faccenda seria, sociale: i calciatori sono uomini, innanzi tutto. Quanto a Federico, gli ho sempre ricordato che ha avuto una grande fortuna a giocare a calcio. È un’occasione che non si può sprecare. Il risultato è che lui non sa nemmeno giocare a carte e preferisce leggere, cosa che mi rende molto felice. Ma bisogna anche fare un distinguo: non c’è niente di male ad andare al casinò una volta ogni tanto. L’ho fatto anche io. Il pericolo è additare dei ragazzi, dei professionisti, di una colpa che non hanno. Quindi stiamo attenti. Il problema è la ludopatia, non la partita a poker con gli amici».