«A Frosinone sto davvero bene, ho avuto la fortuna di incontrare un gruppo incredibile – racconta a gianlucadimarzio.com il portiere saracinesca Stefano Turati – Non mi era capitato spesso di arrivare all’allenamento 3 ore prima pur non dovendo fare nulla di particolare e andare via 2 ore e mezzo più tardi per trascorrere più tempo con i miei compagni. Passo da momenti di super positività ad altri più malinconici, perché è come se stesse finendo qualcosa di unico, irripetibile. Credo che tutto questo sia stato possibile grazie ai calciatori che hanno più esperienza, perché siamo una squadra molto giovane. Lucioni, Sampirisi, Garritano, Cotali, Insigne e tutti i più esperti sono riusciti a incastrare un gruppo di 25 personalità diverse, onestamente non so spiegare neanch’io come sia stato possibile. Sono sempre loro i primi a scherzare, mi sento come se stessi a Gardaland tutti i giorni».
La sensazione che potesse essere un’annata speciale, però, Turati l’ha avuta fin dai primi giorni in Ciociaria: «Quando sono arrivato in ritiro avevo intravisto che la squadra era competitiva anche se mancava ancora qualche pezzo. Sentivo qualcosa di strano, ero convinto al 100% che ce la saremmo giocata. Già in ritiro si era creato un clima diverso, non so neanche spiegarti perché. Hai presente quando conosci la tua ragazza e provi sensazioni diverse rispetto alle altre? Anche se magari sono più belle, però con lei provi delle emozioni incredibili. Mi sentivo così».
Il punto di svolta della stagione? Turati non ha dubbi:«La gara di andata a Venezia. Eravamo convinti di essere forti, ma mancava quella partita che ci trasmettesse fiducia e consapevolezza nei nostri mezzi».
Mister “Clean Sheet” continua raccontando un aneddoto che la dice lunga sulle sue 19 partite concluse senza dover raccogliere il pallone dentro la sua porta: «Ricordo una serie di partite che è stata devastante, perché per 2-3 giornate non ho dovuto fare niente. Per un portiere è molto più difficile giocare match così rispetto a quelli in cui sei sempre impegnato, ma è anche questo mi è stato di aiuto: ora so cosa provano i portieri delle big di Serie A che toccano 3 palloni a partita, so come vanno vissute gare del genere».
E il rapporto con Grosso? «Il mister è fantastico, con lui mi trovo benissimo. Mi sta aiutando tanto nella gestione della partita e a livello mentale. Però mi fa rosicare tantissimo quando facciamo la sfida ai rigori: a volte parto prima per provare ad anticiparlo e lui mi fa il cucchiaio. Morrone lo adoro, sono venuto qui grazie a lui: mi aveva allenato in Primavera, non vedevo l’ora di arrivare a Frosinone quando ho saputo che erano interessati a me».
Il suo futuro, oggi, è ancora un’incognita: «Al momento non ci penso…» ma, nel frattempo, c’è da portare avanti il rito del megafono sotto la Curva Nord: «Questa è una cosa nata per caso: stavamo cantando sotto la curva dopo una vittoria e il capo ultras ha passato il megafono a Lucioni. Il capitano me lo ha subito consegnato perché sa che sono in fissa con il mondo delle curve. Da lì in poi è stato quasi un rituale, mi diverte tantissimo…»