HOMEPAGE CULTURA Veroli, L’attesa della Resurrezione nell’installazione di Massimo Terzini

Veroli, L’attesa della Resurrezione nell’installazione di Massimo Terzini

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Sospesi, tra silenzio e vuoto appena qualche istante. Di nuovo lo sguardo ti prende, ti riporta qui, dove necessiti di pelle, e carne, e realtà. Juxta crucem’ di Massimo Terzini è altro.

Il rimando al sacrificio e alla passione di Cristo è implicito.  Allo stesso tempo, si accre­sce di ulteriori valenze ‘semantiche’ in grado di trasformare l’inerme oggetto in un simbolo tragico e spietato di tempi confusi e catastrofici. Così, sedotti da linee curve e rette, seguiamo il loro intrecciarsi.

La morte aleggia tutt’intorno. La incontriamo. La morte è la fine, ma è anche l’inizio di un tempo eterno.  Il volo sopra l’eterno. Un gioco di equilibri al confine tra arte e terra, slancio e sospensione. Un mantra s’insinua lento e ostinato nei timpani e negli occhi,   disciolto in un universo emotivo che fluttua nello spazio rarefatto di un’atmosfera intrisa di mistero. Accoglie un Cristo che non c’è. Non ci sono chiodi a trafiggergli le mani. Ma siamo nel tempo di assenza di Dio, per cui, contro ogni legge di gravità, i corpi non cadono.

E quella corona resta lì, non più impantanata nella carne. Prende vita propria. Sospesa tra bene e male. Si chiede se la morte è così necessaria alla vita, se ha senso che un padre crocifigga  il suo seme. Se quella croce è una grazia o una pena. Se tutto quell’amore è uno spreco, se il libero arbitrio sia un prezzo o un dono. Qualcosa nella luce si discioglie; qualcosa, invece, resta fisso nell’ombra, dove una sagoma di donna disegna il luogo più silente e straziato dell’anima. In quelle spine che non sanguinano si raggiunge il ‘grado zero’ delle spirito, l’equilibrio tra corpo e mente. Drappi bianchi e un muro senza lacrime, uccidono quanto una guerra.

Oggi, quando l’unica risposta alla morte è altra morte. Dinanzi a quella corona di spine abbiamo tutti chinato il capo sulle nostre miserie. Si fa fatica a piantare anche una sola rosa in questa maledetta primavera di sangue. Senza vita

Monia Lauroni