In Ciociaria, la seconda tappa italiana della mostra “Malkovich, Malkovich, Malkovich”. Omaggio ai Maestri della Fotografia” di Sandro Miller. L’inaugurazione è fissata per sabato 12 giugno presso la Fondazione Mastroianni Castello di Ladislao ad Arpino. Trentaquattro maestri della fotografia a rapporto, o meglio di fronte allo sguardo acuto di un altro grande fotografo, in una sorta di match o meglio di un omaggio vis à vis. E’ questa l’indagine fotografica, ma è anche l’impronta mutante entro cui muove la mostra “Malkovich, Malkovich, Malkovich” Omaggio ai Maestri della Fotografia” del fotografo americano Sandro Miller. In ogni scatto Malkovich impersona il soggetto di una celebre fotografia, trasformandosi di volta in volta in Marilyn Monroe, Salvador Dalì, Mick Jagger, Muhammad Alì, Meryl Streep, John Lennon e Yoko Ono, Andy Warhol, Albert Einstein, Ernest Hemingway e in molti altri personaggi. Una sorta di analisi sul testo, tra identità e alterità, o le possibili dicotomie entro cui l’artista americano focalizza il soggetto del proprio obiettivo.
Nato nel 1958 a Elgin, Illinois, Miller si avvicina alla fotografia fin dall’adolescenza dopo aver visto i ritratti di Irving Penn. Fra i più importanti fotografi pubblicitari statunitensi ha firmato campagne per Adidas, Allstate Insurance, American Express, BMW, Champion, Coca-Cola, Dove, Gatorade, Honda, Milk, Microsoft, Motorola, Nike, Nikon, Pepsy, Pony, UPS e l’esercito degli Stati Uniti. Nel 2001 il governo cubano lo invita a fotografare gli atleti della nazionale dando così vita alla prima collaborazione tra USA e Cuba dal 1960. Fotografo del mondo, ma di sangue ciociaro. La di lui madre era cittadina di Ferentino, questo il movente tanto sanguigno, tanto romantico per cui il blasonato fotografo di fama internazionale ha desiderato esporre in terra ciociara. Nella rassegna arpinate ogni opera del fotografo americano riproduce in tutti i dettagli le fotografie prese a modello esaltando le doti camaleontiche e la capacità mimetica di Malkovich che di volta in volta muta non solo espressione, ma anche il sesso e l’età divenendo uomo o donna, anziano o bambino, sensuale o enigmatico, cupo o gioioso.
Una vera e propria trasformazione/mutazione del soggetto che concorre a rendere più intrigante il risultato dell’opera, i cui connotati fisiognomici e identitari mutano e si sviluppano intorno al soggetto rendendolo altro, riformulandolo in una veste empatica diretta. Un connubio, quello fra Sandro Miller e John Malkovich che risale agli anni Novanta quando i due si incontrano a Chicago nella sede della Steppenwolf Theatre Company di cui Malkovich è uno dei membri fondatori. E la mostra in terra ciociara documenta anche il lavoro intrapreso da Miller e Malkovich con lo scatto che dette vita all’intero progetto in cui John Malkovich reinterpreta Truman Capote ritratto da Irving Penn. E sulla scorta di questo primo scatto sono nate tutte le opere esposte in mostra, in cui Malkovich interpreta una galleria di ritratti così noti da essere divenuti quasi immagini devozionali e seducenti. Così Malkovich si cala nella parte di Marilyn nel celebre ritratto di Andy Warhol, o in Mick Jagger nel ritratto di Bailey, la “Migrant Mother” di Dorothea Lange, Jack Nicoholson sotto lo scatto di Herb Ritts, nelle due gemelle un po’ inquietanti di Diane Arbus, o in un John Lennon nudo accanto a Yoko Ono di Annie Leibovitz.
Forza dell’immagine e dell’interpretazione, della soggettività e della mutazione, in cui Malkovich entra nel ruolo prendendo forma, sottolineando l’impronta propria e quella altrui. Un racconto di riconoscimento, attrazione, ammirazione con i grandi maestri della fotografia contemporanea. Frammenti di espressioni, attimi fugaci di immagini, ricostruite con la maestria di una artista che riesce a interpretare la sintesi di tante vite e anime mutando anima ed espressioni. La mostra sarà visitabile fino al 26 settembre 2021 nelle sale del castello Ladislao. Mura che nel corso dei secoli hanno cambiato faccia più volte come i mille volti di Malkovich. Da corte della dinastia Durazzo d’Angiò a uno dei più grandi lanifici di Arpino. Istituto per gli orfani dei lavoratori poi e ancora Ospedale militare. Istituto Tecnico Industriale per Chimici e oggi sede espositiva della Fondazione Umberto Mastroianni. Straordinaria ‘similitudine’ e simbiosi tra luogo e artista. In fondo un ‘simbolo’ che sia di carne o terra non indica una cosa, ma una molteplicità di cose, e necessita di essere interpretato, e anche ogni nuova interpretazione non lo esaurisce mai.
Il progetto è promosso dall‘Associazione Culturale IndieGesta, con il partenariato della Fondazione Mastroianni e dell’Accademia di Belle Arti di Frosinone e reso realtà grazie al prezioso contributo di: Regione Lazio, Provincia di Frosinone, Comune di Arpino, Camera di Commercio Frosinone Latina, Consorzio per lo sviluppo industriale Frosinone, Banca Popolare del Frusinate, Jolly Group, CB&CLab. Si tratta di un ulteriore esempio di come i soggetti culturali della nostra regione non si siano arresi alle difficoltà, ma, anzi, abbiano continuato ad investire sulla Cultura. Così come testimonia questo imperdibile evento. Una sola domanda resta ancora sospesa. Dall’altra parte dello specchio che ha riflesso accurate sedute di trucco e travestimenti, chi era Malkovich?
Monia Lauroni