HOMEPAGE CRONACA La Riffa di Fabrizio per ripartire “in punta di forchetta”

La Riffa di Fabrizio per ripartire “in punta di forchetta”

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Il settore della ristorazione naviga a vista, il mondo intero naviga a vista. A seconda della direzione in cui soffiano decreti, bollettini quotidiani di contagi e guariti, di quello che succede nei paesi che hanno riaperto alla normalità. La normalità, il vero desiderio di questi tempi martoriati. Eppure, anche se con ristrettezze e incertezze la normalità va immaginata adesso, quando sembra ancora irraggiungibile, perché prima o poi diventerà reale e bisogna arrivarci preparati, carichi, con le ginocchia sbucciate e le spalle curve, ma in piedi.

E soprattutto uniti, proprio in questo tempo maledetto che ci vorrebbe distanti, individualisti per bisogno, ognuno con i suoi guai. Un concetto, quello di comunità, che in uno dei settori più martoriati, oggi suona come una stonatura di archi in un’orchestra di charleston. A ‘dare il la’ a tutt’altra sinfonia è il ristoratore Fabrizio Gatta, proprietario lungimirante e tenace del raffinatissimo ristorante ‘La Riffa’, punto di riferimento per chi è capace di apprezzare prelibatezze di alta cucina, presentate con gusto ed originalità.

Fabrizio nel suo lavoro ha messo anima, passione, conoscenze straordinarie in ‘punta di flute’ e quel pizzico di temerarietà che lo ha tenuto sempre in cima alle classifiche dei migliori. Soprattutto lo ha tenuto in piedi in un momento in cui tanti hanno dovuto abbandonare la nave. Determinazione e fiducia è quello che augura a tutti i suoi colleghi ristoratori ciociari e anche a se stesso in vista delle prossime riaperture. Riaperture che pur conservando una forte carica paradossale e tenendo vive problematiche irrisolte e cecità operative, rappresentano comunque il segnale inequivocabile della riscossa della loro categoria.

“Chiusure estreme e caos ci hanno trasformati tutti in naufraghi su barche rovesciate – afferma Fabrizio Gatta – Tanti di noi sono annegati in un mare di nonsenso e incertezze. Ma chi di noi è sopravvissuto, perchè di sopravvivenza si tratta, non può mollare adesso. Sicuramente sarà una ripartenza molto lenta, sfiancante, decisamente non quella che auspicavamo, che cambierà forse anche il nostro modo di intendere la cucina.

Per alcuni versi insensata e ancora impossibile da mettere in atto. Purtroppo le regole non sono tali se mancano i loro ambiti di applicazione, e chi non ha spazio, letteralmente, per approfittare di questa occasione normativa, è destinato a rimanere con l’amarezza degli esclusi. Ma quel che conta ora è ristabilire l’approccio tra ristoratore e cliente. In sicurezza, giorno dopo giorno. L’obbiettivo sarà riportare i clienti al ristorante, dentro le sale. Sono certo che la tavola rimarrà il punto di unione e la ristorazione diventerà ancor più di prima il simbolo della ripartenza.

I nostri clienti hanno una grande voglia di ritornare nei nostri ristoranti e noi dobbiamo fare il possibile per adeguarci e metterli in condizione di fare sempre la loro ‘pregevole’ e memorabile esperienza nel gusto e nella tranquillità, con un’accoglienza ed un’attenzione mirata, in modo che la distanza di sicurezza non risulti una barriera. Non sarà facile, ma insieme, come un’unica grande famiglia ce la possiamo fare. Con la passione, lo stile, le idee e la creatività che ci hanno sempre resi i migliori.

Sarà un periodo di trasformazione e dobbiamo trasformarlo in un’opportunità per migliorarci e sentirci più uniti. Nessuno si salva da solo. Auguri a noi, auguri a tutti i miei colleghi ristoratori. Fiero di appartenere a questa categoria. Su i calici e diamoci dentro, la tavola chiamò”.


Monia Lauroni