‘C’ come cielo, ‘C’ come colori, ‘C’ come catarsi, ‘C’ come Campoli, Gianluca Campoli, ‘C’ come Luna. Le Lune di Gianluca Campoli, frasi cucite sulla stoffa di cieli silenziosi. I cieli della Ciociaria, dei suoi paesi, delle sue case, delle sue chiese e dei suoi palazzi che sanno sempre da che parte voltarsi. Paesi fatti di colori, silenzi, poiane, prati e grano, cieli alti davanti e di lato, la maestà selvatica delle montagne. La Luna di Gianluca Campoli è la stanza dove nascondi i tuoi castelli per aria, l’esperienza poetica più alta vissuta nella vita, la più tenera, la più luminosa. L’ultima nota di un’ eco rimasta incagliata tra tetti, colline e cielo. Sono Lune che vivono, che non bussano, come le emozioni. Entrano prepotentemente nei paesaggi, nelle porte chiuse, nei camini, nelle strade, nei muri dei giardini. Le case restano raccolte nella pronuncia ferma dei colori che sembrano sorti da quella luna, fatti della stessa fibra dei cieli, dello stesso incarnato della paglia e dei lamponi. Sono case in coro, in cui ogni colore chiede il permesso a quello accanto, come quello del cielo lo chiede alla sua Luna. Qui sono solo finestre aperte alla notte, illuminate dal raggio radente di quei cieli e sfiorate dal frullo di un uccello che vola dalla cima di un albero. In questi paesaggi, dove i campanili si inchinano e le architetture si sgranano per non urtare quei bianchi e quegli azzurri sospesi nel sipario della notte, c’è posto solo per luci accese, gatti non curanti del tempo che scorre e amori leggeri della giovinezza, dolci e romantici come quelli di un tempo nelle cartoline di Raymond Peynet. Paesi di colore a voce alta che non hanno paura del tempo che cambia all’improvviso, del sereno che dura poco. Seguono quella luna, scrutano dentro le sue stanze dove conservano la mappa delle cose che non esistono. E le cose sotto quella Luna ti appaiono eterne, vorresti stare un po’ con loro, parlagli di te e ascoltare storie di aria pulita e colori intensi e nuovi. E’ una Luna che ti incute stupore e un grande rispetto. E tu lo sai che pure nel sonno lei ti fissa. Da una distanza di attimi ci si guarda negli occhi, ciascuno dai confini del proprio mondo. E diventa un intimità forte, più stretta che tra uomo e uomo, tra casa e terra, tra cielo e cielo. E lei è lì, con il suo quarto che manca e tu sai che in quel quarto si completa un semplice tutto. E pure se il vento cambia e cambiano le stagioni, è sempre lì, sotto quella Luna che vorresti tornare. Delle cose abbiamo sempre avuto una visione spropositata ed immane, immaginato mondi stupefacenti, poi entri in un’opera del Disegnatore di Lune, un artista sognatore che non vuole assomigliare a nessuno, e ti accorgi che a vincere è una confortevole, incantevole, fantastica semplicità, dove ogni cosa appare molto più piccola di ciò che si temeva e quelle strade che parevano infinite se ne vanno sciolte come scie di astri. E cala di nuovo il sipario stupefacente della notte. Poi ad un tratto è ancora buio e tutto magicamente ricomincia…
Monia Lauroni