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La bellezza che resta di Fabrizio Coscia

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Uno scossone apre il libro di Fabrizio Coscia che lo ridesta mentre si annoia in vacanza a Capri. L’orrenda strage di bambini perpetrata da terroristi ceceni nella palestra di una scuola di Baslan il primo settembre 2004. Il risveglio traumatico del narratore che cerca di capire come salvare l’umanità dalle continue atrocità che subisce mentre egli veglia il padre in ospedale negli ultimi suoi giorni di vita.

In questo quadro Coscia ci presenta gli ultimi capolavori degli artisti, innanzitutto il romanzo di Tolstoj Chadzin-Murat che ci accompagna nel bosco sacro per tutto il commovente diario intimo.

La veglia al padre ha come colonna sonora le Variazioni di Bach e i Lieder di Strauss nella ricerca di un’uscita dal bosco, dove incontriamo in un crescendo rossiniano l’ultimo dipinto di Renoir, l’ultimo “romanzo” di Freud, l’ultima lettera ai genitori della santa degli ultimi Simone Weil, e i classici greci di Edipo a Colono, il grande teatro contemporaneo, il cinema di Bergman e Visconti. La vita incredibile della pittrice Frida Kahlo che nell’ultimo quadro Viva la vida si riconcilia con il suo terribile sfortunatissimo passato fatto di incidenti gravi che le avevano distrutto il fisico e l’idea stessa dell’amore.

C’è una via d’uscita dal dolore con il guerrigliero di Chadzin-Murat, ucciso che risorge per l’ultima scena, con Leopardi sepolto a Napoli accanto a Virgilio che illumina il futuro con il sole dell’ultima poesia, e ancora i versi di Keats, Holderlin e Kavafis.

Il narratore diventa uomo nel ricordo del padre, pronto ad affrontare la vita con spirito nuovo e vitale assieme al lettore. Non a caso il libro ha come citazione d’apertura un brano dell’ultimo capolavoro di Joyce Finnegans Wake (La Veglia…) ove il bardo irlandese insegna che l’umanità cade, veglia e risorge, ed è La bellezza che resta.

Patrizio Minnucci