Tra Frosinone e Roma, dalle prime ore della mattinata, è in corso un’operazione che vede impegnati oltre 50 agenti della Polizia di Stato della #Questura di #Frosinone, coadiuvati da unità #cinofile antidroga e da pattuglie del #RepartoPrevenzioneCrimineLazio, nella cattura di 13 individui, colpiti da altrettante #ordinanzedicustodiacautelare in #carcere, perché facenti parte di un’associazione a delinquere finalizzata alla #detenzione e #spaccio di #sostanzestupefacenti.
Il provvedimento restrittivo è stato emesso dal #Giudice per le Indagini Preliminari del #Tribunale di #Roma su richiesta della Direzione Distrettuale #Antimafia di Roma.
L’indagine, condotta dal personale della #SquadraMobile di Frosinone ha avuto inizio nel dicembre del 2015, ha portato alla luce l’esistenza di un’associazione a delinquere, capeggiata da un gruppo di cittadini albanesi, che di fatto controllava un intero stabile di edilizia residenziale pubblica sito in via #Bellini a Frosinone, destinandolo a base operativa e punto di cessione al dettaglio di sostanze stupefacenti di vario genere.
Gli acquirenti, infatti, provenienti anche da Province limitrofe a Frosinone, sapevano che, in ogni momento del giorno e della notte, potevano liberamente e senza preavviso recarsi in quel palazzo e acquistare qualsiasi tipo di sostanza stupefacente.
La più gettonata era la cd mini dose di #cocainacotta, ossia cocaina in forma di crack da fumare, del peso di 0.30 gr, venduta al prezzo di 20 euro; la dose era addirittura reclamizzata dall’associazione che, a caratteri cubitali, ne aveva scritto sulle mura del palazzo il peso ed il prezzo.
Il gruppo infatti, in quel periodo era in concorrenza con altre piazze di spaccio, come il cd “Casermone” e quelle gestite dagli “intoccabili”, successivamente smantellate dalla note operazioni di polizia, e pertanto cercava di fare prezzi concorrenziali e di renderli noti agli assuntori.
L’organizzazione della vendita, oltre che il marketing pubblicitario, prevedeva la predisposizione di turni per gli associati addetti al ruolo di vedetta, con il compito di indirizzare gli acquirenti e dare l’allarme in caso di arrivo di forze dell’ordine, ed altri addetti alla vendita, al confezionamento delle dosi ed alla tenuta della contabilità.
L’associazione, a cui partecipavano anche due sorelle di nazionalità italiana e soggetti di nazionalità rumena, quasi tutti dimoranti nello stabile, si riforniva di sostanza stupefacente da due albanesi, padre e figlio operanti nella Capitale, anch’essi colpiti dal provvedimento di custodia cautelare in carcere.
Uno degli appartamenti del palazzo di edilizia residenziale pubblica era stato destinato a base per il confezionamento delle dosi di droga e punto vendita, protetto da una porta blindata, ulteriormente rinforzata da una catena, per consentire la minima apertura necessaria solo allo scambio dose/soldi.
Nonostante i ripetuti interventi degli agenti della Squadra Mobile, che in flagranza hanno arrestato in diverse circostanze gli addetti allo spaccio, smantellando momentaneamente l’appartamento adibito a punto vendita, gli associati si sono sempre riorganizzati, modificando le modalità di vendita, che in seguito sono avvenute all’interno dell’androne delle scale, con le dosi occultate in cassetti nascosti dietro finti battiscopa o, all’interno dei contatori delle utenze del palazzo.
Il via vai di tossicodipendenti era continuo, giorno e notte, e la vendita avveniva anche alla presenza dei bambini del quartiere, che prendevano lo scuolabus la cui fermata era situata proprio davanti al palazzo ove avveniva lo spaccio, o che si recavano nella limitrofa scuola elementare e materna.
Per quest’ultima circostanza, agli associati è stata contestata l’ulteriore aggravante specifica, prevista nelle ipotesi in cui lo spaccio avvenga in zone limitrofe ad istituti scolastici.
Spesso, l’enorme affluenza creava anche problemi di viabilità, perché alcuni acquirenti si recavano ad acquistare le dosi addirittura a bordo di tir, che lasciavano parcheggiati in mezzo alla via pubblica.
Gli approvvigionamenti dagli associati di Roma erano continui; difatti, per minimizzare i rischi e le eventuali perdite causate da interventi delle forze di polizia, i viaggi di rifornimento erano quotidiani, effettuati con mezzi appositamente modificati, con la realizzazione di vani segreti ove occultare lo stupefacente, i cui quantitativi variavano tra i 100 ed i 500 gr al giorno.
Nell’occasione dell’arresto in flagranza di uno dei corrieri, un’auto dell’associazione è stata sequestrata ed è stato scoperto un cassetto ricavato dal vano dell’airbag lato passeggeri, capace di contenere fino a ½ Kg di cocaina.
Grazie al mercato della mini dose di cocaina cotta, formata da 0.30 gr, da ogni etto di cocaina l’organizzazione criminale ricavava più di 350 #dosi, che vendute a 20 euro ciascuna, fruttavano al #dettaglio oltre 7.000 euro.
Il fatturato dell’organizzazione, quindi, era notevole, riuscendo a vendere tra le 300 e le 500 dosi di #droga al giorno, per un ricavo medio giornaliero che oscillava tra i 6.000 e gli 8.000 euro, con punte massime che sfioravano i 10.000 euro nei fine settimana o in occasione delle festività di fine anno.