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Sora – Il Comitato Civico Art. 32: “In Provincia di Frosinone prevenzione sanitaria non più possibile”

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Per anni i mass media hanno divulgato il messaggio che “Prevenire è meglio che curare”, un messaggio ineccepibile. La prevenzione, grazie ai cd. screening, permette di individuare una patologia al suo primo insorgere, consentendo al paziente di affrontare delle cure e dei percorsi terapeutici molto più leggeri e meno invasivi. Purtroppo, sembra che nella provincia di Frosinone, almeno per quanto riguarda lo screening mammografico, non sia più possibile continuare a fornire le medesime prestazioni degli anni passati.

Presso il nosocomio sorano, se non si erra, venivano svolte tre sedute pomeridiane alla settimana che permettevano di potere effettuare oltre cinquecento prestazioni al mese. Dall’inizio dell’anno, però, è possibile effettuare gli screening solo una volta alla settimana e di mattina, durante l’orario di lavoro che veniva dedicato per eseguire altre analisi/prestazioni. Le conseguenze sono facilmente immaginabili, il numero delle visite è calato a meno di cento al mese.

Quali saranno le conseguenze? Innanzi tutto, maggiori sofferenze per le donne. Infatti, minore prevenzione vuol dire scoprire di avere un tumore al seno quando la patologia sarà in uno stadio più avanzato, anziché in uno iniziale, comportando un maggior ricorso alla chemioterapia. Non si capisce perché l’A.S.L. non cerchi di migliorare o mantenere al livello del recente passato lo screening mammografico. Tra l’altro il tumore alla mammella è una delle poche, se non l’unica patologia che può essere curata interamente all’interno della Provincia.

Una minore prevenzione comporterà un aumento della “Mobilità passiva”, quindi saranno sempre più i pazienti che per curarsi dovranno rivolgersi alle strutture accreditate, a quelle di altre ASL o di altre regioni. Inoltre, la chemioterapia è certamente più costosa   – oltre che devastante per una persona – tutto ciò avrà effetti negativi sul bilancio dell’A.S.L. di Frosinone. Si tenga conto che per effettuare lo screening mammografico con le stesse modalità del passato bastano circa 200.000 Euro, che francamente sarebbero soldi bene investiti. Infine, un ulteriore conseguenza sarebbe l’aumento delle liste di attesa per le mammografie, in netta contraddizione con il progetto di abbattimento delle liste stesse.

Anche tale ultimo progetto desta qualche perplessità, seppure l’iniziativa può apparire lodevole, di fatto presenta alcuni nei. Il progetto,  del costo di 500.000 Euro per soli tre mesi, è sperimentale e non si saprà se diverrà definitivo o meno.  Nello specifico il 70% dei posti disponibili viene assegnato a chi si prenota di settimana in settimana, mentre il restante 30% viene riservato chiamando chi era già in lista di attesa. In quest’ultimo caso, se una persona in attesa viene contattata con un preavviso troppo breve difficilmente potrà sostenere alcune prestazioni, come le endoscopie o le gastroscopie. Inoltre, pare che le stesse liste sperimentali non sempre vengono riempite completamente. Insomma, un progetto che seppur con intenti nobili fa nascere nuovi problemi e drena risorse all’A.S.L. e alla regione che potevano essere utilizzate per rinnovare quello che era un servizio di eccellenza provinciale: lo screening mammografico.