Ore 5.30 del mattino di un Venerdì Santo di un mondo a fianco. Veroli era tutta lì. Con l’anima muta, senza un filo di voce, per non disturbare quel buio tragico e quieto. Un’immagine che ha colpito come una ghigliottina messa al centro di una piazza vuota. L’aria tirata come corde di violino. La Madre Addolorata posata sulla soglia della cattedrale e il silenzio straziato della notte interrotto dallo Stabat Mater. Lacerati fra il dolore della distanza e la gioia di essere riusciti a difendere le nostre radici da tutte le intemperie. Veroli ha scritto oggi una pagina di storia, della sua storia. Nella semplicità archetipa dell’immagine resta imprigionato tutto il suo fascino. Devastante, sconvolgente. Uno spazio pieno e vuoto dove i pensieri hanno fatto eco, confondendosi gli uni con gli altri, mentre tra i vicoli deserti di una Veroli inginocchiata ai piedi della sua Madre, aleggiavano grevi, dietro le finestre illuminate e chiuse come occhi pieni di pianto, le note dello Stabat Mater. Solo i sacerdoti e qualcuno del direttivo della confraternita. Ogni passo controllato, ogni respiro trattenuto, ogni ansia mascherata di preghiera, ogni stanchezza danzata come fosse un canto. Alle dodici in punto, su quel sagrato, ai piedi della Madre, in silenzio penitente, accompagnato lungo un vuoto atterrito che da giorni è padrone di strade, case, corpi e anime, è stato posto il Cristo Morto. Nessuna mano ha carezzato quella carne lignea ferita, ma in quel preciso istante, abbiamo tutti chinato il capo. Certe cose si sentono, accadono e basta. Sotto un sole beffardo che ha reso dolce persino il dolore, quando la campana dell’orologio della cattedrale con i suoi rintocchi ha scoccato le quindici, l’ora nona che concluse la fase terrena di Gesù, il rettore della confraternita dell’Addolorata, Don Angelo Maria Oddi, ha iniziato in ginocchio le sue preghiere. Tutta la cittadina è rimasta collegata a quella diretta che ha unito come un filo invisibile le anime intorno a quel sagrato. Chi soffre non sempre è in grado di contare il tempo, ma la folata di vento che si è alzata improvvisa a quell’ora esatta ha scandito preghiere e minuti in un momento di una potenza spirituale, forse mai accaduta prima. Accompagnata dal parroco Don Andrea Viselli, da alcuni membri della Confraternita e dal Sindaco Simone Cretaro in rappresentanza di tutta la cittadinanza, si è svolta la preghiera di Consacrazione della Città all’Addolorata. Una pagina che entrerà di diritto nella storia di Veroli, consumata nella luce dorata di un caldo pomeriggio d’aprile. Sussulti dell’anima in un Venerdì Santo unico nella sua triste realtà e fortissimo della sua fede. Mentre le fiaccole si spengono, il cuore si strappa come uno straccio. Momenti che danno un senso a ogni soffio di questo dramma collettivo. Grazie a chi li ha resi possibili.
Monia Lauroni